lunedì 14 marzo 2011

CLASSICI FOTOGRAFIA + LEGO = STIMPSON


Può una foto raccontare un'altra fotografia? Può un nuovo scatto parlare di un'immagine già catturata da un altro obiettivo, in tempi diversi, da altre mani, in epoche passate? Si possono ritrarre e raffigurare scatti passati affidandogli un nuovo significato tramite nuove parole?

Noi di Next pensiamo di sì e per dimostrarvelo oggi abbiamo deciso di presentarvi i lavori di Mike Stimpson.

Su Flickr Mike, conosciuto con il nickname di Balakov, si presenta come un ingegnere inglese con la passione per la fotografia ed una forte fascinazione per il mondo dei giocattoli.

Se vale il detto "la modestia è madre d'ogni creanza" abbiamo tutto il diritto di definire Mike un fotografo a tutti gli effetti. Fertile e creativo ci permettiamo di aggiungere.

I suoi soggetti sono proprio le fotografie stesse, scatti celebri che hanno immortalato vittorie e sconfitte del genere umano a partire dallo scorso secolo fino ai giorni nostri. Scatti celebri che rivivono tramite una fantasiosa operazione di coverage sorretta da una solida base naif che ne costituisce la peculiarità principale.

I protagonisti degli scatti di Stimpson non sono altro che i celeberrimi pupazzetti della Lego a cui vengono cucite addosso scenografie epiche ormai entrate nella storia della fotografia.

Così la celebre Tennis Girl di Martin Elliot, la ragazza che sul campo da tennis posa la mano sul proprio fondoschiena scoperto, trova il
suo equivalente in una piccola donna Lego che raffigura la modella (in realtà fidanzata diciottenne di Elliot) nella stessa provocatoria movenza.


Ancora. Piazza Tien'anmen, 5 Giugno 1989, gli studenti della Repubblica Popolare Cinese sono stremati ed al terzo mese di protesta contro il regime comunista guidato da Deng Xiaoping che ha da poco istituito la legge marziale contro di loro.

Un fila di 10 carrarmati sta giungendo lentamente in piazza dove giacciono disarmati più di 30.000 studenti poco più che ventenni. Uno studente, tutt'oggi ignoto, si erge coraggiosamente a bloccare l'accesso dei carrarmati alla piazza. Sarà un massacro. Stimpson riproduce quella drammatica immagine, simbolo della rivolta, creando uno scenario grigio, cupo.

La plastica, i Lego, la loro rigidità risultano solo in apparenza inadeguati. La loro inadeguatezza sottolinea la storicità di queste immagini. Immagini che di per sè abbiamo interiorizzato come simboli e concetti, come stendardi.

L'irrealtà della plastica giunge come acqua gelida sul volto per ricordarci che queste foto raccontano vita, imprese, gesta, sofferenze che non sono di plastica gialla ma di umano dolore. Solo vedendoci ridotti a caricatura ci rendiamo conto di essere veri. 


Citazioni di plastica raffigurate su carta politenata. Che a loro volta rimandano all'uomo alla sua storia. Storia che passa anche per lo scatto di Eddie Adams. Il 1 Febbraio del 1968 un prigioniero Vietcong viene catturato dalla polizia del sud vietnamita.  

La morte in diretta, l'uomo viene giustiziato sommariamente pistola alla tempia dal capo della polizia. Un soldato si volge distrattamente a guardarlo. Adams vinse in premio Pulitzer per questa foto, il suo protagonista vinse un posto in una maleodorante fossa comune

Le irreali facce sorridenti dei pupazzi Lego ci parlano di questo scatto dall'alto della cultura popolare, la cultura di massa che interiorizza un'immagine senza coglierla. Il contrasto fra il vero ed il reale raggela.

Sotto proponiamo altri scatti accompagnati dal loro equivalente reale. Alla base dei lavori di Stimpson non c'è il semplice divertissment nè un progetto ideologico ben definito che sia stato annunciato, ognuno è libero di trarne altrettante libere riflessioni.


La nostra è una delle più banalmente scioccanti: a volte per conoscere la storia del mondo un cui viviamo è utile raccontarla, raccontarla e raccontarla, non importa con che linguaggi e quali forme, queste immagini non danno alternative.  

Dicono che è andata così e basta. Se vuoi chiederti il perchè, capirne le cause e le conseguenze bisogna prima di tutto imparare ad osservare. Gli occhi a volte valgono più di mille orecchi.

 

Claudio Capanni 
(claudiocapanni@aol.com)

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