Il problema è sempre lo stesso, e ormai da troppi anni.
I più sostengono che nell’arte non si possa più inventare nulla, senza pensare a cosa significhi effettivamente l’invenzione.
Nell’accezione comune il verbo deriva dal latino (“inventus”, participio passato di “inveire” ossia trovare, scoprire cercando) ed è perciò inteso come un processo euristico, tuttavia nessuno si domanda mai cosa si debba ricercare, e quindi scoprire, quale sia l’oggetto da scovare.
La caccia al tesoro forse non ha come premio la novità, ma piuttosto la rielaborazione della realtà.
La realtà è sempre la stessa, i problemi esistenziali, umani, sentimentali sono gli stessi da sempre, e così anche il corpo dell’uomo, quello con qui ognuno di noi deve confrontarsi ed a cui deve adattarsi per esser parte del mondo.
E’ per questo motivo che ho amato dal primo istante due artisti che hanno saputo con intelligenza ripensare la rappresentazione del corpo umano inteso come un corpo perfetto, dalle forme rinascimentali, proporzionate dimensionalmente, inarrivabili.
David Bagbie, artista scozzese, classe ’55, realizza sculture in maglia di acciaio o bronzo, le lavora completamente a mano, senza l’ausilio di stampi, e il risultato viene spesso illuminato e proietta sulla superficie corpi disegnati con maestria, che sembrano acqueforti, ma che sono semplici ombre, e spariscono spegnendo la luce, con un clic.
Lo stesso Bagbie ammette che il corpo umano è per lui anche una “celebrazione del’esistenza fisica, della sua vulnerabilità ed intimità".
L’altro artista è invece Baptiste Demombourg che graffa tele gigantesche e attraverso 75.000 graffettate realizza corpi aggrappati alla superficie.
Gala Rotelli