Viscere, placenta, budella, intestini di animali. L'aritsta turca Pinar Yolacan li ha aperti, tagliati, puliti e cuciti con velluti e sete cangianti trasformandoli in abiti sontuosi e barocchi, ispirati allo stile coloniale portoghese. Poi li ha fatti indossare alle donne dell'isola di Itaparica in Brasile e le ha messe davanti all'obiettivo.
Modelle statuarie e bellissime, dolorose rappresentazioni viventi della nuda vita dei migranti, della nuova schiavitù, carne da macello dispersa nei mari di mezzo mondo. Perchè? Semplicemente per parlare di uno dei più grossi tabù del XXI secolo: la vecchiaia. Stiamo parlando di "Maria", l'ultima opera realizzata da questa mente anatolica, vedere per credere.
Pinar Yolacan è un' artista turca di nemmeno 30 anni della
Arms Gallery di New York. Cammina sulla fragile linea del reale come solo saprebbe fare un'agile equilibrista. Con la sua arte, con le sue opere, scava in una direzione precisa: si sporca le mani nella critica sociale, indaga la femminilità ponendo l'accento sul lato più materico e vivo della stessa.
Arms Gallery di New York. Cammina sulla fragile linea del reale come solo saprebbe fare un'agile equilibrista. Con la sua arte, con le sue opere, scava in una direzione precisa: si sporca le mani nella critica sociale, indaga la femminilità ponendo l'accento sul lato più materico e vivo della stessa.
Quest'artista ci parla di vecchiaia, raccontandocene l'estetica, senza però perdere di vista il nucleo sociologico e culturale della stessa. Pinar Yolacan supera le banali considerazioni sull'anzianità come semplice deperimento fisico, come imbruttimento di un corpo, ne studia il lato culturale, racconta come questa venga percepita differentemente a seconda della storia, della tradizione e della cultura di un paese.
Con una compostezza statuaria ed una straordinaria disinvoltura le modelle di Pinar indossano i loro abiti di carne, muscoli e budella. L'artista turca non è nuova a queste provocazioni, in un precedente lavoro "Perishable" aveva già utilizzato teste di gallina, fusi di pollo e trippe per vestire eteree signore inglesi.
Una forza espressiva rabbiosa, dove la quiete e la normalità della prima impressione vengono sostituite dal lato più vero e reale delle sue donne. Gli abiti deperiscono, come chi li sta indossando, e vi è una certa bellezza in questa esistenza così fugace, veloce, passeggera. La forza di quest'artista è che nelle sue opere si è in grado d'intravedere la violenza della verità, ma soprattutto, è nello sguardo dei suoi soggetti che si compie il grande gesto artistico: avere il coraggio di accettarsi ed accettare il fatto che vivendo, iniziamo anche a morire.
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